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giovedì 22 settembre 2011

Le basi della Riabilitazione Neuromotoria


Ricoveri congrui, équipe medica specializzata, tecniche personalizzate e tempi non prefissati. 

Sono questi, secondo il professore Salvatore Giaquinto, Direttore dell’Unità Operativa di Riabilitazione Neuromotoria della Casa di Cura San Raffaele Pisana, gli “ingredienti” giusti per un buon programma di Riabilitazione Neuromotoria.
«Il principale obiettivo della Riabilitazione è innanzitutto far recuperare al paziente una sua autonomia nei movimenti – spiega Giaquinto -, anche se questo significa per l’individuo tornare ad utilizzare la mano non dominante per mangiare o radersi la barba. Nessuno di noi pretende che il malato possa scalare una montagna o che sollevi dei pesi. Anzi. Ma la Riabilitazione è sinonimo di lavoro costante e di impegno reciproco. In certi casi anche di un anno».

Quali sono i tempi che il paziente ha a disposizione per recuperare la propria autonomia nei movimenti? 

« Sebbene non ci sia un tempo uguale per tutti – afferma il prof. Giaquinto - , il recupero avviene principalmente nei primi sei mesi, quindi diminuisce per poi proseguire la sua fase lentamente per un anno».


Ci sono casi in cui il paziente recupera al cento per cento? 

« Sì, ma purtroppo rappresentano una minoranza».


Da quali figure è costituita l’équipe medica per la Riabilitazione neuromotoria? 

« Al San Raffale Pisana abbiamo fisiatri, neurologi e internisti capaci di assistere giorno per giorno il paziente sotto ogni punto di vista – sottolinea Giaquinto -. I centri di Riabilitazione, infatti, non sono semplici ambulatori ma strutture nelle quali arrivano malati affetti da più patologie. Ci sono pazienti, (il 93% dei quali proviene dagli ospedali, il 7 per cento dal proprio domicilio), con ictus e allo stesso tempo con problemi cardio-respiratori o insufficienze renali. Anche nei casi più complessi il pool medico-ospedaliero deve essere in grado di affrontare qualsiasi emergenza».


Ci sono programmi riabilitativi uguali per tutti?

« Ovviamente no. Non solo non esiste nella lettura internazionale scientifica la prova della supremazia di una tecnica sulle altre – ribadisce il primario – ma io stesso sono il primo a pensare che i metodi non sono uguali per tutti e che bisogna valutare caso per caso. La gamma dei protocolli è varia, si va dai programmi motori e linguistici alla Terapia Occupazionale che cerca, tra le altre cose, di riabituare la persona alle attività della vita quotidiana, come ad esempio la cura e l’igiene della persona. Ma anche la tipologia dei nostri pazienti è altrettanto diversificata».


I pazienti che accedono all’Unità operativa da lei diretta, vengono selezionati prima del ricovero?

« E’ naturale. Uno degli obiettivi della riabilitazione – prosegue Giaquinto – è ottenere un progresso funzionale, tenendo conto anche delle condizioni dell’individuo. Proprio perché dobbiamo garantire alle Asl dei ricoveri congrui, questi non possono essere fatti a scatola chiusa. Da qui la necessaria selezione. Le risorse vanno applicate dove servono a produrre un miglioramento funzionale dei pazienti e questa è una norma internazionale». E infine: 
«I tempi massimi dei ricoveri nel centro di riabilitazione sono di 60 giorni – ha poi concluso Giaquinto -. In alcuni casi i due mesi sono sufficienti, ma questo è un criterio politico della gestione delle degenze che io non condivido. Le istituzioni dovrebbero pagare i centri in base al risultato conseguito e non secondo il numero dei giorni di ricovero».



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