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giovedì 22 settembre 2011

TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLA SINDROME COMPARTIMENTALE E DELLA SINDROME DI VOLKMANN


È ormai invalso definire la sindrome di Volkmann come un complesso di segni che si traducono in una retrazione ischemica degli elementi di una loggia muscolare. La sindrome di Volkmann deve quindi essere considerata la sequela di un evento acuto, precedente, che si è convenuto di denominare "sindrome compartimentale". Se si estende la definizione di sindrome compartimentale al complesso di manifestazioni cliniche correlate a un aumento della pressione tissutale all'interno di uno spazio non estensibile, allora tutti i pazienti portatori di una lesione degli arti hanno, in un determinato momento, una sindrome compartimentale. Infatti, qualsiasi contusione da parte di un agente esterno, qualsiasi ematoma sottofasciale, qualsiasi intervento chirurgico inducono inevitabilmente pressione tissutale eccessiva. È a questo punto che interviene il concetto di soglia critica (relativa sia all'intensità sia alla durata), oltre la quale la pressione induce lesioni irreversibili che si sviluppano in sequenza.  Fase cruciale della diagnosi è il momento in cui nasce il sospetto di una sindrome compartimentale. Nessun segno clinico è specifico. La decisione diagnostica è resa più facile dalle misurazioni ripetute della pressione. La fasciotomia, prontamente realizzata, permette la restitutio ad integrum prima che si instaurino le lesioni ischemiche dei muscoli e dei nervi tipiche della sindrome di Volkmann. In quest'ultimo stadio, a sindrome conclamata, la chirurgia molto spesso è soltanto palliativa.


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